Universi (musicali) paralleli

Si parlava di side-project, ieri, e della tendenza a metter su gruppi che fungano da valvola di sfogo per musicisti appassionati di certe sonorità. Un po’ tutti conoscono i “Pride & Glory” di Zakk Wilde, per dire, nei quali il famosissimo chitarrista ha espresso al tempo tutto il suo amore per il southern rock.

Poi ci sono progetti che quasi nessuno ricorda più o ha mai ascoltato, nonostante la validità di fondo. Oggi ne cito tre, molto diversi fra loro.

Parto dai Westworld del grandissimo, compianto Mark Reale, eroe dell’heavy-speed metal statunitense ma insospettabile cesellatore di melodie AOR in questa interessante formazione che vedeva al microfono un altro pezzo da 90, Tony Harnell dei TNT (timbro troppo pulito per i miei gusti, ma nulla da dire sulla sua bravura). A cavallo del nuovo millennio hanno realizzato tre album in studio, tutti e tre di buon livello (a patto che vi piaccia l’hard melodico, ovviamente), ovvero l’omonimo del 1999, poi “Skin” del 2000 e “Cyberdreams” del 2002 (nel quale trovate una bella cover di “Neon Knights”). A me l’hard melodico non fa impazzire e infatti dei tre lavori apprezzo più che altro “Skin”, un filo più aspro rispetto agli altri. Da non sottovalutare anche il live del 2001: se siete curiosi di ascoltare Harnell alle prese con “Sword and Tequila” dei Riot, fatelo vostro o cercatelo in rete.

Il secondo side-project degno di interesse è quello messo su da Caffery e Jon Oliva dei Savatage a metà anni Novanta, ovvero i Doctor Butcher. Fino a poco tempo fa nemmeno io li avevo mai ascoltati, poi me li hanno segnalati nel forum di TM e ho dato un ascolto al loro unico album, l’omonimo del 1994: bello tosto, metal oscuro e martellante, con un Jon che strepita come ai vecchi tempi. Non mi piace “Don’t talk to me” (troppo moderna per i miei gusti, sebbene in anticipo sui tempi) ma in generale l’album ricorda i primissimi Savatage, quelli di puro power americano e con ciò stesso in bilico tra heavy e thrash (il riff di “Reach out and torment someone” è thrash puro). Il progetto fu avviato quando Jon aveva perso il fratello e dei Savatage era stanco, si spiega così tutta questa rabbia in musica (ascoltatelo nell’iniziale “The altar”). Se non vi aspettate un capolavoro all’altezza di quelli partoriti dalla band madre, potreste trovarlo interessante.

L’ultimo side projet del quale voglio parlarvi è forse il meno conosciuto ed è stato plasmato da Rick Mythiasin degli Steel Prophet assieme al bassista degli Edguy e allo stacanovista Ferdy Doernberg, tastierista (e purtroppo cantante, da qualche anno a questa parte) dei geniali Rough Silk. Sto parlando dei Taraxacum, band con due album all’attivo, “Spirit of freedom” del 2001 e “Rainmaker” del 2003. “Rainmaker” non mi ha mai convinto ma “Spirit of freedom” è davvero bello, un eccentrico connubio di varie sonorità, per cui all’interno dello stesso brano puoi trovare scream, doppia cassa, pianoforte e riff heavy. Oppure pezzi in toto heavy (“Blast Off”), in toto hard rock (“Life goes on”), ballate (“Alone”), eccetera. Non ho mai capito come cacchio è possibile, inoltre, che un brano dallo straordinario appeal commerciale come “Never let you go”, con un ritornello che entra in testa e non va via per giorni, sia sconosciuta agli amanti dell’hard melodico. Dovrebbero conoscerla pure i sassi, per quanto mi riguarda. L’album è un po’ dispersivo e niente affatto catalogabile come “heavy”, se non in senso lato, ma garantisco che vale la pena portarselo a casa, anche per la prestazione mostruosa di Mythiasin, qui alle prese con linee vocali meno “power” del solito ma sempre bravissimo nell’arrampicarsi sulle note. Cercatelo!

Lascia un commento