La sacralità di un rito

Negli ultimi tempi ho comprato CD e merchandising proveniente soprattutto da piccole etichette: Jolly Roger, Minotauro, Pure Steel, HRR, Cruz del Sur… Potete vedere una rumorosa rappresentanza nell’immagine qua sopra.

Un gesto che non mi rende migliore, ovviamente, proprio perché potevo permettermelo: cosa c’è di grandioso nel fare qualcosa che era in tuo potere fare? Nulla. Ma nutro enorme rispetto e un profondissimo senso di riconoscenza nei riguardi dei musicisti che mi permettono di provare certe sensazioni, per cui mi pare doveroso sostenere loro e quelli che fungono da intermediari, specie in un periodo nel quale tutta la musica soffre per i concerti fermi.

Ci sarebbe molto da dire sull’eccessiva importanza, a livello di bilanci, che i concerti hanno assunto dopo il crollo delle vendite della musica fisica. O sul benaltrismo col quale certi pseudo-fan da un CD all’anno (due, quando i Metallica pubblicano qualcosa) legittimano oggi le proprie scelte, ché tanto adesso c’è Spotify e i suoi innumerevoli, fantasmagorici spiccioli.

Io sono troppo “vecchio” per rinunciare alla ritualità con la quale sono cresciuto. Inoltre ho tre HI-FI ai quali dare un senso: finché mi sarà possibile, musica fisica a manetta. E supporto all’underground.
Questa cosa era giusta trent’anni fa, per me: non vedo per quale motivo non dovrebbe esserlo oggi.

Ognuno si tenga stretto gli ideali che gli permettono di attraversare la vita con un po’ di serenità, se ce li ha. Io, ai miei, non rinuncio di sicuro.

VIA IL CELLOPHANE PT. 11

Omen, “Hammer damage” (2016)

VALUTAZIONE:

Un album spento. Non che mi aspettassi chissà cosa, l’avevo ascoltato un paio di volte al momento dell’uscita e già sapevo della produzione modesta, tuttavia speravo che le canzoni mi piacessero un po’ di più, sentendole una mezza dozzina di volte. Invece nulla. Che poi non è che l’album sia brutto: 3-4 brani li ho gustati (‘Hellas’ è davvero bella), lo stile di Powell emerge quasi sempre e a Goocher… beh, ci si abitua, ma l’album era già stato registrato con George Call e onestamente credo che avrebbe reso meglio con lui.
In Italia ci sono tante recensioni di quest’album, nessuna delle quali va oltre il 6,5. I più “cattivi” sono stati i ragazzi di Metal Italia (voto 5/10):
https://metalitalia.com/album/omen-hammer-damage/

Ruthless, “They Rise” (2015)

VALUTAZIONE:

Americani, un album pubblicato nel 1986, poi il nulla fino alla reunion del 2008. Questo è il loro secondo lavoro e comprende anche l’EP degli anni ’80 (risuonato): puro US power metal. La voce del cantante è alquanto sgraziata (pare che i Metallica lo abbiano scartato prima di pubblicare “Kill’ em all”), a tratti convince e a tratti irrita. Parecchi i riff riciclati (ci ho sentito l’influenza della NWOBHM, Holocaust su tutti), di “fresco” c’è poco. Ritornelli troppo insistiti e neppure irresistibili; 3-4 pezzi di buon livello, in primis ‘Laceration’, ma dalla scena US power esce puntualmente roba migliore.
Ho scoperto che la mia è una voce fuori dal coro: ai recensori italiani è piaciuto molto, quest’album. Perfino il compassato Francesco Gallina, al quale è difficile strappare una promozione piena, ne ha parlato benissimo su Metallized (voto 78/100):
http://www.metallized.it/recensione.php?id=11586

Q5, “New world order” (2016)

VALUTAZIONE:

Gli americani Q5 si erano sciolti a fine anni ’80 e dalle loro ceneri erano nati i bravi Nightshade. Nel 2016 hanno ricambiato nome in Q5 e tanti saluti ai Nightshade. Mah. Andando al sodo: l’album non è nulla di eccezionale, restando su queste sonorità preferisco di gran lunga il primo e il terzo disco dei Nightshade. Ovviamente 14 pezzi sono troppi, bastava togliere la lunga e noiosetta ‘A prisoner of mind’ e un paio d’altre per dare slancio all’album, ma pazienza. Se come me siete dei maniaci delle sonorità inglesi anni ’80 (un po’ Saxon, un po’ Elixir), non vi dispiacerà del tutto. Sennò lasciate perdere.
Segnalo la recensione di Metal.it (voto 6/10) che non lo boccia del tutto ma esprime maggiore delusione rispetto al sottoscritto.
https://www.metal.it/album.aspx/29655/q5-new-world-order/


Per farvi un’idea, ecco un estratto da ogni album:

Confessioni di un serial writer

Mi fa piacere che qualcuno si stia dichiarando rammaricato per la mia decisione di chiudere qui la “storia mai raccontata dell’heavy metal”, tuttavia voglio essere sincero: la stesura del 6° e ultimo volume mi ha sfiancato. Ho avvertito una stanchezza che è suonata, alle mie orecchie, come un campanello d’allarme.

Al di là della sostanziale inutilità di commentare album realizzati in un decennio che ci siamo lasciati alle spalle da pochissimo, e che quindi è ancora troppo fresco per essere giudicato, mi sono detto che rischiavo di scrivere un settimo volume solo in virtù di un automatismo.
Dopo il sesto, il settimo.
Ma la grande protagonista dei miei libri è sempre stata la passione e si sa, l’abitudine è la sua prima nemica. Allora preferisco chiudere qui il discorso, per il momento.
Se e quando lo riaprirò, accadrà per le stesse ragioni che mi hanno spinto a scrivere i primi sei volumi.

Nel frattempo credo di aver fatto un bel lavoro: 1450 album analizzati in totale, grossomodo. Alcuni molto noti, altri conosciuti da un ristretto (a volte ristrettissimo) numero di appassionati.
C’è chi mi riconosce di aver introdotto nel nostro paese formazioni che di norma vengono snobbate anche dalle webzine e dai completisti, d’altronde è raro trovare in Italia qualcuno che si sia occupato seriamente di certe band, che magari all’estero riempivano stadi e palazzetti (i giapponesi Seikima-II o i vietnamiti Buc Tuong, per dire). Ma senza voler andare lontano, penso pure a formazioni comunque note come gli Anvil, gli Stormwitch o i Pretty Maids: difficile trovare qualcuno che conosca minuziosamente le loro discografie, di norma si ascoltano e/o recensiscono i lavori più noti o recenti e tanto basta. Io invece li ho presi per mano e li ho condotti fino al nuovo secolo, in modo da dare contezza del loro percorso.

Mi piace l’idea di aver ricostruito centinaia di carriere, è ciò che dà senso alla Storia dell’Heavy Metal. Il sudore di chi sale sul palco diventa la fatica di chi viene chiamato a ricostruirne le gesta.
Sono consapevole, insomma, di aver fatto qualcosa di difficile ma bello. Che poi è quello che uno può pensare del metal in generale, una volta che è scoccata la scintilla.

Free for all

Quando una webzine cerca nuovi collaboratori e pubblica il bando/comunicato, c’è spesso qualcuno che reagisce in maniera stizzita. La lamentela è sempre quella: il fatto di dover “lavorare” gratis.
Il principio è di per sé corretto, solo che viene formulato in un àmbito che ha, nella gratuità, la sua ragion d’essere. Se questo aspetto fosse venuto a mancare, vent’anni fa, oggi le riviste cartacee sarebbero tutte in edicola. Non ne mancherebbe neppure una. E le webzine sarebbero dei deserti.

Personalmente recensisco solo i CD che compro e/o che ascolto per i fatti miei, senza preoccuparmi di risultare esaustivo o sempre sul pezzo. Idem per i temi da trattare (nelle mie collaborazioni “free” con Sdangher, True Metal e altri, ho sempre scelto personalmente l’argomento). Lo faccio a modo mio, giacché considero recensioni e articoli tradizionali troppo impegnativi, spesso noiosi da buttar giù (penso a quei poveracci costretti ad ascoltare chissà quante volte degli album mediocri o comunque sgraditi) e talvolta poco appaganti (le offese degli utenti maleducati).
Anche a me, insomma, non interessa entrare in uno staff e occuparmi di questo e quello senza vedere un soldo, ma è una mia politica e non la sbatto in faccia a chi, gratis, ci lavora già. È passione, non è professionismo. Capirei se in una webzine qualcuno ci guadagnasse qualcosa, e ad altri venisse negata una fetta dei guadagni…

Un tempo, per leggere una recensione o sapere cosa succedeva nel mondo metal, bisognava aprire il portafogli una o due volte al mese. Anche di più, dipende da quante riviste seguivi.
Vent’anni fa Metal Hammer costava 3,70 euro, Flash 2,60 euro (quindicinale), Rock Hard 4,50 euro (senza CD), Psycho sui 5 euro, il Metal Shock della gestione Borchi 4.000 lire (è l’unica rivista della quale non ricordo il prezzo col cambio in euro, forse perché l’avevo già abbandonata in favore di Flash).
Avere costi vivi significa scaricarli sul consumatore finale, cioè su noi fan. Oggi invece possiamo tenerci aggiornati in tempo reale semplicemente accedendo al web. È tutto incluso nel prezzo del nostro abbonamento a internet.

A me sembra una gran cosa.

Un veloce aggiornamento

C’era da immaginarlo: le poche copie dei primi due volumi, tra quelle che mi erano rimaste, sono andate esaurite. Nel senso che sono state tutte prenotate.

Però se c’è qualche lettore interessato ai volumi 1 e 2 me lo comunichi ugualmente, via mail, così prendo nota. Se riuscissi a raggranellare un buon numero di richieste provvederei a (ri)stampare nuove copie, come già accaduto in passato.

Nel frattempo ringrazio chi mi ha permesso di applicare la dicitura rossa sull’immagine qua sopra.
Sappiate che altri lettori vi stanno odiando.

“Heavy Metal – La storia mai raccontata vol. 6” (presentazione del libro)

Sul finire del primo decennio degli anni 2000, più che in altri periodi, i grandi nomi della musica heavy sembrarono essersi stancati del metal nudo e crudo. Iniziarono così a flirtare spudoratamente con sonorità pompose (Manowar, Judas Priest), o dilatate e pseudo progressive (Iron Maiden), rinunciando all’habitus più diretto tipico del metal classico.

Forse è per questo motivo che le giovani leve, al momento di farsi avanti, recuperarono l’atteggiamento aggressivo e sfacciato che gente di 50 o 60 anni non sembrava più intenzionata a esibire: è su queste basi che nasce la cosiddetta NWOTHM, ondata disorganica ma agguerrita che attecchirà un po’ ovunque e che questo sesto volume segue nelle sue fasi iniziali, in molteplici zone del mondo (comprese quelle meno celebrate: Brasile, Messico, Svizzera, Namibia, Bulgaria, Botswana, eccetera).

Ovviamente nel libro ci si occupa di molto altro, per esempio del ritorno dell’ondata originaria, quella britannica, ma anche delle numerose band sparite dai radar negli anni precedenti e di nuovo in pista, tra grandi delusioni, album un po’ interlocutori e piacevoli sorprese.

Grande attenzione, come sempre, viene dedicata agli esordienti di lusso (gli Heaven & Hell, gli Atlantean Codex, i famosissimi Ghost…) per arrivare a quella pletora di band anche molto note (Metal Church, Ozzy, Grave Digger, King Diamond, Candlemass, Anvil, Loudness, eccetera) che a varie latitudini tennero in vita il buon nome dell’heavy metal classico, seppure tra alti e bassi.

Un periodo, si sarò capito, assai florido per la scena metal tradizionale, sospinta da quell’insieme di muovi musicisti che di pig squeal e cacofonie non volevano saperne e che a ragione consideravano gli anni ’80 l’Età dell’Oro per il metal tutto.
Nuova artiglieria pesante, nuovi soldati: da allora, parafrasando la quarta di copertina, piovono colpi, con una frequenza e una potenza di fuoco a dir poco sorprendenti.


HEAVY METAL – LA STORIA MAI RACCONTATA (vol. 6)
In vendita da maggio 2021
Chi, in passato, ha già acquistato un volume verrà contattato dal sottoscritto nei prossimi giorni.
Chi si interessa alla storia mai raccontata dell’heavy metal per la prima volta, invece, può contattarmi subito all’indirizzo:
dwightfry[at]outlook.it
e avanzare esplicita richiesta d’acquisto, o rivolgermi delle domande.
In alternativa può cliccare su CONTATTI (appare nel “menù” se usate un cellulare, in alto a destra se usate un computer) e mandarmi un messaggio attraverso il form (funziona benissimo).

DATI ESSENZIALI DEL LIBRO
Totale pagine: 166
Prezzo: 11,90 euro
Gruppi citati: 191
Album analizzati: 279

“Heavy Metal – La storia mai raccontata vol. 5” (presentazione del libro)

Vent’anni fa, la scena metal mutò sotto molteplici aspetti.
Le connessioni a internet aumentarono a dismisura, le webzine presero piede e iniziarono a mandare in crisi le riviste cartacee, il download selvaggio affondò le vendite dei CD e venne contrastato (in modo assai goffo) dalle etichette discografiche e dalle band più note, poiché lo streaming era ancora di là da venire.
Un discreto casino.

L’heavy metal classico andò avanti per la sua strada. Paradossalmente, in un’epoca che preannunciava un cellulare in ogni tasca e un computer in ogni appartamento, a dominare la scena fu un sottogenere che parlava di guerrieri e di inferni da scatenare dopo un segnale: l’epic metal. Suoi, infatti, gli album più interessanti (alcuni dei quali realizzati in Italia) e i ritorni più attesi o insperati (Manowar, Omen e Brocas Helm su tutti).

Questo 5° volume analizza tale scena nelle sue declinazioni ma ovviamente tiene d’occhio tutti i sommovimenti dell’epoca: il ritorno di tante vecchie glorie della NWOBHM, per esempio, sciolte anni prima e di nuovo in studio e sui palchi grazie all’interesse mostrato dalle giovani leve di metallari, quelle che desideravano sapere cosa si fossero perse per limiti anagrafici.

Il libro osserva da vicino, inoltre, i progetti musicali avviati nel periodo (i Firewind di Gus G., i Pain di Jon Oliva, i promettenti Messiah’s Kiss, i 3 Inches Of Blood…), nonché l’operato di tutti quei gruppi che sono andati avanti per la loro strada, a volte lastricandola di mattonelle d’oro (i nuovi, eccezionali lavori di Motörhead, Blitzkrieg, King Diamond, Jag Panzer, Tad Morose…).

Più che nei precedenti, questo 5° volume butta un occhio alle scene metal di paesi lontanissimi, allargando la visuale fino a raggiungere Portorico, Colombia, Cile, Siria, Vietnam e via dicendo. Internet, infatti, garantì anche ai gruppi che provenivano da paesi privi di pedigree la possibilità di farsi notare: un risvolto positivo che oggi, abituati come siamo alla musica liquida, può sembrare scontato ma che all’epoca non lo era affatto, e che successivamente produrrà risultati talvolta entusiasmanti.
Per il bene dell’intera scena metal.

HEAVY METAL – LA STORIA MAI RACCONTATA (vol. 5)
In vendita da maggio 2021

Chi, in passato, ha già acquistato un volume verrà contattato dal sottoscritto nei prossimi giorni.
Chi si interessa alla storia mai raccontata dell’heavy metal per la prima volta, invece, può contattarmi subito all’indirizzo:
dwightfry[at]outlook.it
e avanzare esplicita richiesta d’acquisto, o rivolgermi delle domande. In alternativa può cliccare su CONTATTI (appare nel “menù” se usate un cellulare, in alto a destra se usate un computer) e mandarmi un messaggio attraverso il form (funziona benissimo).

DATI ESSENZIALI DEL LIBRO
Totale pagine: 142
Prezzo: 9,90 euro
Gruppi citati: 146
Album analizzati: 219