L’occhio vuole la sua parte ma poi se ne pente

Dai, oggi sorridiamo. Vi segnalo 8 copertine davvero brutte (per un motivo o per l’altro) in campo “defender”, che ovviamente abbondano in quanto la pacchianeria estetica è sempre stata di casa, nella nostra amata musica. Credo che facciano di peggio solo i truci metallari del black metal ma in generale è una bella sfida. Le metto in ordine crescente di bruttezza.

All’ottavo posto “Projects in the jungle” dei Pantera, quando ancora suonavano metal anni Ottanta. Un pastrocchio di colori usati a caso che riesce nel difficile compito di superare la bruttezza del precedente “Metal magic”.

Al settimo posto “Narita” dei Riot, ottimo secondo disco di una band stratosferica che però non ha mai avuto cura delle proprie copertine, inventando una mascotte (Johnny) alla quale i fan sfegatati come me sono molto affezionati ma diciamolo, un uomo-foca (qui nelle improbabili vesti di lottatore di sumo!) non è esattamente la prima immagine che ti viene in mente quando pensi all’heavy metal.

Al sesto posto la copertina di “Má jí motorovou” dei Kabat, storica band ceca che all’epoca di questo debutto suonava thrash metal, solo in seguito si sarebbe spostata su un hard rock metallizzato (mantenendo la tradizione delle brutte copertine, si veda quella di “Děvky ty to znaj”). In quella in oggetto, nota di merito per la contadina sulla destra. Citazione di Grant Wood?

Al quinto posto il lupo mannaro dell’omonimo debutto dei Wolf, buona band heavy-power svedese, tra le prime a riportare in auge sonorità classic in terra scandinava. Forse c’è di peggio in giro ma è più forte di me, ogni volta che la vedo mi vien da ridere. Sarà che vorrebbe far “paura” (è pur sempre un lupo mannaro) e invece…

Al quarto posto i Custard di “For my king”, band di power caciarone e grezzissimo come da copertina, con uno dei guerrieri più sproporzionati mai visti in ambito defender.

Sul podio voglio piazzare l’immortale copertina del singolo “Blade runner” dei nostri Spitfire (dei quali ho comprato di recente il debutto sulla lunga distanza “Time and eternity”). Il drago, soggetto presente nel 70% delle copertine metal anni Ottanta, ha un che di meravigliosamente naif.

Al secondo posto un altro pezzo di storia: la cicciona punk coi raggi missili al posto delle tette immortalata nel bellissimo “Hanging in the balance” dei Metal Church. Poi uno si chiede per quale motivo certi album non vengono acquistati…

E al primo posto, gli Handsome Beasts del debutto “Beastiality”, buon esempio di hard-blues derivativo (“David’s song” plagia il riff di “Let there be rock”) ma piacevole, con qualche accenno punk e protometal sparso qui e lì. Ovviamente a dettar legge è la terrificante copertina, nella quale l’ormai defunto Garry “Flabby” Dalloway (bravo cantante, ascoltatelo in “One in a crowd”) si mostra in tutta la sua cicciosità.
L’intento autoironico è palese ma… era davvero necessario?

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