VIA IL CELLOPHANE PT. 19

1) Cloven Hoof, “Who Mourns for the Morning Star?” (2017)

VALUTAZIONE:

Gruppo storico della NWOBHM, di loro consiglio sempre il bellissimo esordio omonimo del 1984 e il piccolo capolavoro tardivo (1989) “A Sultan’s Ransom”. Ma i Cloven Hoof sono ancora tra noi e in gran forma, direi; di questo album ho letto solo recensioni entusiastiche e non sarò certo io ad abbassare la media. Heavy metal classico ricco di personalità, talvolta vicino al power americano, meno “modern” rispetto a quello dei loro album precedenti (a parte il brano ‘Mindmaster’, che infatti preferisco saltare) e finalmente impreziosito da un signor cantante come George Call, vero elemento aggiunto dei Cloven Hoof 4.0, in grado di raggiungere note altissime (‘I talk to the dead’) ma di risultare, all’occorrenza, aggressivo e virile come la musica proposta dalla band, infatti mi chiedo sempre come cavolo riesca, gente in giro da quarant’anni, a comporre ancora album così irruenti.
Tra le recensioni altrui segnalo quella (voto 85 su 100) di Loud and Proud:
https://loudandproud.it/cloven-hoof-who-mourns-for-the-morning-star/


2) Chrome Molly, “Hoodoo voodoo” (2017)

VALUTAZIONE:

Vecchio gruppo inglese che dopo la reunion del 2010 ha saggiamente irrobustito il suono, ora più heavy e moderno, sebbene la proposta esplori lo spettro sonoro che si colloca tra rock melodico (specie nei cori) ed heavy metal. Tutto molto piacevole senza essere eccezionale. E alla voce del cantante ci si abitua. Una proposta così retrò rimane per soli appassionati del suono a cavallo tra ’70 e ’80, per cui se non amate la NWOBHM più hard che heavy, passate oltre. Se invece apprezzate gli UFO, i Thin Lizzy e le realtà più melodiche della scena inglese di fine ’70 e inizio ’80, tipo Demon e Quartz, fateci un pensierino.
Anche questo lavoro è piaciuto proprio molto (voto 8 su 10) ai tipi di Loud and Proud:
https://loudandproud.it/chrome-molly-hoodoo-voodoo/


3) Deep Machine, “Rise of the machine” (2014)

VALUTAZIONE:

Quattro demo tra 1980 e 1983, poi nient’altro. Tornati a galla per volontà del chitarrista e membro fondatore Bob Hooker, la band giunge al sospirato esordio con “soli” trent’anni di ritardo. Considerando le premesse, mi aspettavo di più. Sì, le canzoni scorrono in modo piacevole ma senza grossi sussulti, se escludo un paio di episodi (‘Hell forest’, per esempio). Stesso discorso per la voce dello sconosciuto Lenny Baxter, nella media e non in grado di conferire una marcia in più ai brani. Buona invece la produzione e l’approccio sanguigno; la grinta c’è, le doti strumentali pure, non sembra di ascoltare un gruppo di quarant’anni fa.
Dal 2000 in poi, tantissime band sono state tirate fuori dalla naftalina e hanno realizzato un album di debutto ufficiale, io guardo sempre con simpatia a questo genere di operazioni (per me genuine: quanti soldi volete che faccia, un’etichetta, rispolverando un nome che non ricorda più nessuno da decenni?) ma il ritorno dei Deep Machine non è il primo da appuntarsi.
Gli unici ad averlo recensito in Italia sono stati gli amici di Heavy Metal Webzine, che tutto sommato sembrano concordare con me (voto 6,5 su 10):
https://www.heavymetalwebzine.it/2014/10/02/deep-machine-rise-of-the-machine-2014/


Pezzi da ascoltare per farsi un’idea degli album: